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In carcere lo chiamavano Satana, anche i suoi stessi connazionali. Da quel soprannome nasce il nome dell’operazione "Shaytan" - il Diavolo nell’Islam - che ha portato a un’ordinanza di custodia cautelare per terrorismo a carico di un tunisino di 40 anni già detenuto, per altri reati, nel carcere Lorusso e Cutugno di Torino. L’uomo è accusato di partecipazione all’organizzazione jihadista Ansar al-Sharia. Secondo l’inchiesta della Digos del capoluogo piemontese durante la detenzione avrebbe tentato di reclutare altri detenuti, esaltando il martirio come la via più alta dell’esistenza: "Al martire, lo Shahid, Allah concede di scegliere 70 familiari da portare in paradiso". "Alzati fratello, tira fuori la spada e taglia il collo ai nemici", ripeteva per spingere alla jihad gli altri detenuti stranieri. Già noto per furti e spaccio, il quarantenne, da dieci anni in Italia, aveva alle spalle diverse detenzioni in penitenziari italiani e in passato si era finto marocchino. Fin da giovane, secondo gli investigatori, seguiva Ansar al-Sharia, gruppo legato ad Al Qaeda e a Osama Bin Laden. Dell’organizzazione terroristica conosceva l’ideologo e i vertici. Ritenuto un fine conoscitore del Corano, in cella diffondeva canti nasheed - tipici della propaganda islamista - e proclami contro Stati Uniti e Israele, celebrando gli attentati compiuti in Europa e invitando a colpire "i miscredenti" direttamente a casa loro, secondo i dettami dell’ideologo Khattib Alidrisi. Considerato dagli inquirenti un soggetto di elevata pericolosità, pronto a imbracciare le armi una volta libero e al martirio, fino a questa inchiesta della Digos torinese era rimasto sconosciuto all’antiterrorismo. 

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