Condividi:

«Senza microrganismi non saremmo vivi, non ci saremmo evoluti e la nostra società non potrebbe esistere». L’allarme di Duccio Cavalieri, professore di Microbiologia all’Università di Firenze, ha aperto Cheese a Bra, la più grande manifestazione internazionale dedicata ai formaggi a latte crudo. Dopo il Covid – ha osservato – «si sta guardando al mondo dei microbi in maniera distorta, considerandoli unicamente come sorgente di pericolo, mentre meno dell’1 per mille delle specie microbiche è potenzialmente pericolosa».

Esporsi ai microrganismi vivi presenti in yogurt, kefir o latte crudo, «aiuta ad allenare il sistema immunitario, migliora il riconoscimento dei patogeni e riduce il rischio di malattie autoimmuni». Riconosciuti i rari casi di intossicazioni da Escherichia coli, Cavalieri ha chiarito che vietare il latte crudo «sarebbe come vietare la bicicletta o la macchina per via degli incidenti»: servono ricerca, tecniche genomiche e nuovi strumenti di rilevazione.

Giampaolo Gaiarin (Slow Food) ha ribadito che «ogni singolo caso merita tutta la nostra attenzione e tutto il nostro impegno». E da produttori e associazioni, come Angela Saba e Aida, è arrivata la preoccupazione per linee guida ministeriali che rischiano di trasmettere «un messaggio scorretto» e mettere in crisi aziende e comunità rurali.

Dietro a ogni forma di latte crudo ci sono storie di pascoli, biodiversità e giovani che hanno scelto di rigenerare territori difficili. «Bisogna investire in formazione, ricerca e corretta comunicazione», ha sottolineato Slow Food, ricordando che «senza microrganismi utili non potremmo sopravvivere».

Tutti gli articoli