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Quinta flessione consecutiva per la produzione industriale del Piemonte. Il primo trimestre del 2025 è continuato sulla falsariga dell’anno precedente, allungando il periodo di sofferenza di una regione che fatica sempre più ad alzarsi. Il contesto internazionale non aiuta, ma il segno «meno» sulla produzione non è spiegabile solo con la paura dei dazi statunitensi o con le continue tensioni geopolitiche. Quel segno meno che ormai si legge consecutivamente da 15 mesi sui report. A segnare l’economia regionale, piuttosto, è la profonda crisi strutturale che affligge comparti industriali estremamente strategici, su tutti quello dell’automotive. A fotografare la situazione è l’ultima indagine elaborata da Unioncamere Piemonte.
Lo studio, che ha coinvolto 1.731 imprese per un totale di oltre 93 mila addetti e un fatturato di circa 56 miliardi, racconta di un’ennesima frenata questa volta pari al -1,7% rispetto allo stesso periodo del 2024, con Torino maglia nera della produzione industriale, in flessione del 3,3%. Peggio fa, a di poco, solo Asti (-3,5%), mentre Cuneo sembra reggere meglio, pur in territorio negativo con un (-0,7%). Una contrazione che ormai non si può che definire strutturale.
A soffrire maggiormente è il settore dei mezzi di trasporto, che registra un crollo dell’11,3%. All’interno di questo specifico comparto, poi, il calo più significativo appartiene all’automotive, con un netto -31,1%. Una debacle sempre più evidente di una Torino a quattro ruote che ormai appartiene a tempi lontani. Più contenuto, ma comunque negativo, il dato della componentistica, con una frenata che si attesta al -10,5%. Merito, in parte, del settore aerospaziale, che di fatto si sta rivelando un salvagente per tutte le imprese che vogliono tentare una repentina riconversione, dai sedili alle cinture di sicurezza, con una crescita del 5,5%.
Ma la crisi, a parte questa nota lieve, si allunga ad altri settori importanti: dal -2,7% di elettricità ed elettronica al -2% del tessile. E la lista è appena iniziata. Si aggiungono infatti i settori della meccanica (-1,6%), metalli (-1,1%), legno (-0,8%) e chimica-plastica (-0,6%). L’unico comparto in crescita è quello alimentare che, con una crescita dell’1,1%, si conferma il settore più resiliente del Piemonte. Ma qualcosa, forse sembra muoversi e si intravede sullo sfondo qualche spiraglio: il piano di crescita della Germania sta cominciando a incidere anche in Piemonte. Mille miliardi di euro con primissimi effetti positivi anche sull’indotto italiano: gli ordinativi alle nostre aziende manifatturiere crescono di quasi l’uno per cento, trainati proprio dalla domanda estera.
«La regione si trova a un bivio decisivo — sottolinea Gian Paolo Coscia, presidente di Unioncamere Piemonte —. Per ripartire occorre puntare su quattro pilastri. Serve una forte semplificazione burocratica per le imprese, un investimento senza precedenti sul capitale umano, un piano nazionale per l’energia ed un potenziamento delle infrastrutture di collegamento, sia materiali che digitali. Senza reti moderne ed efficienti, che connettano il Piemonte al resto d’Italia e all’Europa, ogni sforzo di sviluppo rischia di essere vano».