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Di una giornata cominciata all’alba per la città di Torino resta una notte di guerriglia cittadina, idranti, lacrimogeni, scontri, un immobile sgomberato e il quartiere di Vanchiglia completamente presidiato dalle forze dell’ordine. Askatasuna in vita dal 1996 nell’immobile di corso Regina 47 è stato sgomberato, e tutta la città se ne è accorta. Dopo un presidio permanente dei militanti durato tutta la giornata, il corteo organizzato in solidarietà al centro è stato bloccato dalle forze dell’ordine che hanno attorniato le vie limitrofe con blindati della polizia. Un gruppo di manifestanti è stato bloccato davanti all’ingresso dell’immobile con idranti e con alcune cariche. Il gruppo di militanti è stato nuovamente fermato con gli idranti all’altezza dell’ospedale Gradenigo, sempre in corso Regina, diversi i cassonetti e gli oggetti rovesciati per terra, al centro del corso. A quanto riferisce la questura circa una decina di agenti di Polizia dei reparti mobili è rimasta ferita nei disordini scoppiati durante la manifestazione, a causa del del lancio di oggetti contundenti. Anche i manifestanti affermano di avere dei feriti tra le loro fila. Una serata convulsa che ha completamente paralizzato il traffico del centro cittadino, e tutta l’area vicina al quartiere. Il corteo, con a capo uno striscione con la scritta "Askatasuna vuol dire libertà, il futuro comincia adesso", è riuscito poi a sfilare per le vie del quartiere partendo da via Vanchiglia, scortato dagli agenti di polizia. E ha tutta l’aria di non essere l’ultima, perché il movimento sta già programmando e riprogrammando diverse attività nel quartiere, questa volta all’aperto, fuori dalle mura del civico 47. Per il weekend è attesa una manifestazione in solidarietà al centro, e gli stessi militanti hanno intenzione di continuare a partecipare al presidio di corso regina. Lo stesso presidio che durante il pomeriggio ha banchettato tra libri e cibo, che è stato respinto con gli idranti delle forze dell’ordine, e che dalle prime ore del mattino è nato davanti ad Aska. Quando lo sgombero veniva ancora definito operazione di polizia giudiziaria con perquisizioni. Si è poi parlato di vero e proprio sgombero, all’interno al piano superiore sono state trovate sei persone, e questo ha portato alla fine del patto di collaborazione con il Comune. Ma questa è solo una delle otto operazioni che coinvolgono anche le abitazioni di altri militanti, tra Torino e prima cintura. sono accusati a vario titolo delle occupazioni dei binari di Porta Nuova e Porta Susa e degli assalti — in ordine cronologico — a Ogr, Leonardo, Città Metropolitana e redazione de La Stampa. Si parla, tra le altre cose, di danneggiamento aggravato e lesioni personali aggravate a interruzione di pubblico servizio, violenza, resistenza a pubblico ufficiale aggravata e blocco stradale in concorso. Il blitz nelle case ha portato al sequestro di telefoni, vestiti indossati durante le manifestazioni e fumogeni. Un passaggio per portare avanti le indagini e individuare anche altri attivisti vicine al mondo Askatasuna.

Raccontare quello che resta di 30 anni di storia passa attraverso diverse dinamiche a volte contorte, a volte banali. Il centro sociale Askatasuna, dopo 29 anni, è stato sgomberato e se da una parte la destra cittadina ma non solo esulta, dall’altra la sinistra contesta l’operazione e le sue modalità. Con tutto un tessuto sociale e culturale torinese che ha preso parola dopo lo sgombero.
A mostrare soddisfazione per primo è stato il ministro dell’interno Matteo Piantedosi che già in mattinata ha postato un messaggio sui suoi canali social: dallo stato un segnale chiaro, non ci deve essere spazio per la violenza nel nostro Paese. I militanti vicini ad Askatasuna erano già nel mirino delle indagini a seguito dei blitz durante la mobilitazione per la Palestina e dopo l’assalto a "La Stampa". A dirsi soddisfatto lo stesso assessore Maurizio Marrone, che da tempo chiedeva lo sgombero del centro e soprattutto la cessazione del patto avviato dalla giunta lo russo per far diventare l’immobile bene comune. “Con il Governo vince lo stato e la legge anche se dei partiti di sinistra li stavano convincendo del contrario, “ ha scritto Marrone. "Era ora" che il centro sociale Askatasuna fosse sgomberato, queste le parole invece del vicepremier Antonio Tajani in un’intervista. Nell’edificio di corso Regina Margherita 47, occupato dal 1996 e considerato l’ultimo fortino dell’Autonomia, il cui nome in lingua basca significa "libertà", sono stati trovati all’alba sei attivisti, al terzo piano. Presenza in una parte inagibile del palazzo, che ha fatto saltare il patto del Comune con un comitato di garanti per un progetto sui beni comuni. con la previsione di attività da svolgere al piano terra, mentre gli altri tre piani dell’edificio erano stati dichiarati inagibili e tra le clausole per il mantenimento del patto c’era proprio il divieto di utilizzare gli altri piani della palazzina. Una situazione che limite che ha coinvolto politica e società civile e che ora con lo sgombero è completamente saltata. Proprio il sindaco Lo Russo è stato il primo a comunicare l’impossibilità di tenere in vita il patto, a seguito delle perquisizioni. Un patto in cui per prima la sinistra dice di averci creduto, la capogruppo di Alleanza Verdi Sinistra Alice Ravinale e il deputato Marco Grimaldi, che hanno accompagnato il corteo di solidarietà ad Aska fino alla fine, si sono detti sgomenti per le modalità in cui sia avvenuto lo sgombero, uno sgombero che scrivono "è esattamente il contrario della sicurezza: è un ulteriore passo verso la criminalizzazione delle lotte sociali ed è il tentativo di cancellare spazi di partecipazione e solidarietà. Dall’altra parte poi gli stessi militanti e le realtà del territorio, un quartiere che da 30 anni viveva con una presenza costante, tra iniziative dal basso, che coinvolgevano anche scuole, famiglie e momenti ricreativi si dicono privati di una realtà che d’ora in poi non esisterà più, almeno tra quelle quattro mura. Attesa e allerta in queste ore per la manifestazione di domani contro la chiusura del centro, attesi militanti da altre città d’Italia, tra cui Bologna e Milano. Da parte di forze dell’ordine e Prefettura tenuti sotto i controlli i luoghi caldi della città. 

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